sabato 22 maggio 2010

Andy Warhol, un genio intramontabile

Andy Warhol (foto a lato). Basta il nome e la memoria si affolla di Flowers, Marylin Monroe e Mao. Di scatolette della Campbell’s e di bottiglie di Coca Cola. Ripetute, ossessive, nei loro colori accesi e contrastanti. Ora, questo genio della pop art, questa intramontabile icona culturale degli anni 70, è in mostra in città, grazie al lavoro instancabile del collezionista Andrea Ingenito negli spazi di Domus Artis in via Cuoco: quaranta opere dell’artista che con la sua personalità provocatoria ha segnato un’epoca, ha “cambiato le regole del fare”, incidendo profondamente sull’estetica e sulla società contemporanea.

Con Omaggio a Drella – come veniva chiamato Warhol, dall’unione di Dracula e Cinderella - inaugurata il 20 maggio (e che sarà visibile fino al 27 giugno), il patron della Galleria alle spalle di piazza San Pasquale, realizza un suo vecchio sogno, allestendo un tributo significativo ad un artista molto amato, addirittura venerato.
“Quando una mostra come questa tocca il classico del contemporaneo, anzi del moderno – afferma il sovrintendente Nicola Spinosa, intervenuto all’affollato vernissage - è una cosa importante che facilita un certo tipo di collezionismo che cominciando con Andy Warhol, un classico, può allargarsi ad altro…”. “Bisogna essere sempre al passo con quello che cambia e guai se non cambiasse!”, ha aggiunto Spinosa.

Che l’avvenimento era di quelli imperdibili lo si evinceva già dall’ingresso: uno striscione verticale, un agente di sicurezza in divisa, una hostess con la lista degli invitati. Tappeto rosso e fiammelle accese nelle padelle romane a segnalare il percorso. E poi, su, al primo piano, altra hostess a distribuire spumante e un allegro buffet di sfizi particolari…

La ripetizione era il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori. Ma la sua arte è rimasta anche in alcune provocatorie cover di LP dei Velvet Underground o dei Rolling Stones. Prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali o immagini d’impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a svuotare di ogni significato le immagini che rappresentava proprio con la loro ripetizione su vasta scala.

La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all’interno di un museo o di una mostra d’arte, era una provocazione nemmeno troppo velata: l’arte doveva essere consumata come un qualsiasi altro prodotto commerciale.





Fonte: napoli.com
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=34338

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